lunedì 15 novembre 2010

Giacomo Fauser (1892-1971) e Luigi Casale (1882-1927): persone della chimica

2011 Anno internazionale della Chimica

Giuseppe Trinchieri

Alla fine della I guerra mondiale esistevano nel mondo solo due impianti efficienti per l’ammoniaca sintetica e precisamente quelli di Oppau e Merseburg. Già durante la guerra furono fatti, in Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America, dei tentativi per effettuare la sintesi industriale dell’ammoniaca, ma con scarsi risultati. Dopo l’armistizio vi fu una corsa per emulare i successi tedeschi. Commissioni di vari Paesi Alleati visitarono gli impianti germanici. Vennero studiati e messi in atto nuovi processi, simili a, o dissimili da, quello di Haber–Bosch.

In vari Paesi come Stati Uniti d’America, Inghilterra, Francia, Paesi Bassi, Polonia, Russia gli studi e le ricerche furono finanziati dai rispettivi Governi, ma ciò in Italia non avvenne. Ci pensò invece l’iniziativa privata. Un’iniziativa privata abbastanza povera di mezzi finanziari. In Italia la sintesi dell’ammoniaca fu realizzata, subito dopo la fine della guerra, dall’ingegner Giacomo Fauser e dal dottor Luigi Casale.

Giacomo Fauser aveva visitato gli impianti della BASF nel 1919 e aveva chiesto l’uso del brevetto per la fabbricazione dell’ammoniaca, che gli fu negato. Fauser non desistette dalla sua intenzione di effettuare la sintesi dell’ammoniaca. Infatti, appena tornato in Italia, installò, per proprio conto, a Novara nell’officina del padre (ove già produceva ossigeno e idrogeno elettrolitici) un impianto di pilota da 90 chili al giorno di ammoniaca utilizzando, come reattore, un cannone da 345 mm, residuato bellico della Regia Marina.

In seguito, si interessò della nuova attività di Fauser il senatore Conti, presidente delle Imprese Elettriche Conti (poi Società Edison) che ne rese partecipe Guido Donegani che sedeva nel consiglio di amministrazione della Banca Commerciale Italiana di cui il Conti stesso era presidente. Guido Donegani, come presidente della Montecatini Società Generale per l’Industria Mineraria e Agricola, che già controllava la Società Italiana per la Fabbricazione di Prodotti Azotati, che produceva calciocianamide a Piano d’Orta e a Saint Marcel, era molto interessato ai nuovi processi di fissazione dell’azoto.

Il 21 maggio 1921 Giacomo Fauser si incontrò con Guido Donegani a Novara e i due si accordarono rapidamente, tanto che il 30 dello stesso mese veniva fondata la SEN Società Elettrochimica Novarese con un capitale di tre milioni di cui due sottoscritti dalla Montecatini e il restante da Fauser e dal senatore Conti, in parti eguali. Da questa modesta collaborazione iniziale scaturirono poi grandi risultati.

Nello stesso periodo nel quale si sviluppava l’iniziativa di Fauser si interessava pure attivamente all’ammoniaca sintetica il dottor Luigi Casale. Nato nel 1882 a Langosco Lomellina, in provincia di Pavia, Luigi Casale si laureò in chimica all’Università di Torino, nel 1908. Dopo la laurea trascorse un anno a Berlino presso il laboratorio del professor Nernst che studiava attivamente, dal punto di vista teorico, la sintesi dell’ammoniaca. Nel 1919 Casale iniziò degli esperimenti in un impianto pilota allestito presso gli Stabilimenti di Rumianca ing. A. Vitale.

Nel 1920 fu chiamato dalla società IDROS di Roma il cui presidente avvocato Mario Santangelo, incoraggiato dal grande chimico Giacomo Ciamician, intendeva avventurarsi nella sintesi dell’ammoniaca. Per realizzare il progetto occorreva aumentare il capitale della società, che era di circa sei milioni, con il concorso di altri gruppi industriali e finanziari. Fra le società che intervennero vi fu anche la Montecatini. La ragione sociale dell’IDROS fu mutata in SIAS ed entrarono nel consiglio di amministrazione, fra gli altri, anche Luigi Casale, Giuseppe Orlando (della Terni) e Guido Donegani (della Montecatini). Nel 1921 la SIAS produceva a Terni 1.000 chilogrammi al giorno di ammoniaca con il processo Casale.

Nel 1923, per iniziativa di Guido Donegani, fu iniziata a Sinigo (Merano) la costruzione di un grande impianto capace di fissare 30 tonnellate al giorno di azoto sotto forma di ammoniaca secondo il processo Fauser e, contemporaneamente, veniva iniziato uno studio per la costruzione di un impianto analogo in Sardegna.

Nel 1924 venne costituita la Società Anonima Italiana Ammonia che assunse l’esclusiva dei brevetti Fauser e nello stesso anno vennero costituite la Società Sarda Ammonia e Prodotti Nitrici e la Società Alto Adige Ammonia per produrre ammoniaca con il processo Fauser. La potenzialità degli impianti doveva essere di 10 e 50 tonnellate di ammoniaca al giorno.
Nel 1926 venne costruito un altro impianto Fauser da 15 tonnellate al giorno a Mas (BL). Nello stesso anno la produzione di ammoniaca sintetica con il processo Fauser ammontava a 18.000 tonnellate negli stabilimenti della Società Italiana Ammonia, con stabilimenti a Novara, Coghinas, Sinigo e Crotone.

Nel 1925 la SIAS svalutò il capitale e fu assorbita dalla Terni. Lo stabilimento della SIAS fu ceduto al dottor Casale che ne fece sede della SIRI (Società Italiana Ricerche Industriali) mentre la Terni installava a Nera Montoro un nuovo impianto, che comprendeva una cokeria. Nel frattempo era stato stipulato fra la Montecatini e la Terni un accordo per monopolizzare l’industria dell’ammoniaca. Secondo questo accordo, che suscitò molte polemiche, alla Terni era concesso di produrre 3.500 tonnellate di ammoniaca anidra fino a che la Montecatini ne avesse prodotte almeno 17.000. Oltrepassato questo limite la Terni poteva produrre fino a 7.000 tonnellate. L’accordo doveva durare fino al 1935. Nel 1927 la Terni produsse 7.000 tonnellate che però dovette cedere alla Montecatini.

A causa della crisi degli anni ’30 la Terni, fortemente indebitata, passò nel 1933 all’IRI. Dopo il 1935 la Terni trovò difficoltà a inserirsi nel mercato per la posizione di predominio della Montecatini. Tra il 1935 e il 1940 la quota di mercato del solfato ammonico della Terni era pari al 15–20% del totale.

Oltre alla Montecatini e alla Terni esisteva un’altra società di una certa importanza che produceva ammoniaca: l’Azogeno–Società Anonima per la Fabbricazione della Ammoniaca Sintetica e Prodotti Derivati che era stata costituita a Milano nel 1923. La società aveva ottenuto la licenza di sfruttare il processo del francese George Claude (1870-1960). L’Azogeno cominciò a produrre l’ammoniaca a Bussi utilizzando l’idrogeno fornito dall’adiacente stabilimento della Società Italiana di Elettrochimica. La stessa società installò poi un altro impianto di ammoniaca a Vado Ligure.

I brevetti Fauser–Montecatini furono adottati da parecchie fabbriche nel mondo intero. La Montecatini partecipò anche alla costituzione di due società estere per la fabbricazione dell’ammoniaca e derivati. Nel 1926 fu costituita nei Paesi Bassi, dalla Montecatini e da alcuni gruppi esteri, la Compagnie Néerlandaise de l’Azote S.A. che installò un impianto a Sluiskil per produrre ammoniaca e derivati dai gas di cokeria. Una iniziativa analoga ebbe luogo, nello stesso anno, in Belgio con la fondazione, assieme alla società belga E. Coppée dell’ASED–Ammoniaque Syntetique et Dérives che installò gli impianti a Willebroek. Anche qui venivano usati, come sorgente di idrogeno, i gas di cokeria.

Anche il processo Casale fu adottato da molte fabbriche estere. La commercializzazione del processo Casale avveniva anche attraverso la Holding svizzera di Lugano–Maccagno.

Per maggiori dettagli, con un quadro completo delle fabbriche italia e straniere di ammoniaca sintetica e derivati, si veda il libro dell’autore, “Industrie Chimiche in Italia dal 1800 al 2000”, pubblicato da Arvan, Mira, nel quale è tracciata la storia di questo importante settore dell’industria, dalle origini alle ultime trasformazioni, spesso drammatiche. Un ampio spazio è riservato alla produzione dei fertilizzanti, che è stata l’origine di molte industrie chimiche. L’uso di azoto per favorire lo sviluppo delle piante risale alle agli albori dell’agricoltura, anche se la sua essenzialità per la vita vegetale è stata dimostrata solo nel 1804 da De Saussure. Successivamente il “Nitro del Chile” si affiancò alle tradizionali fonti dell’elemento (dal letame ai più diversi residui organici). Alla fine del XIX secolo, quando i concimi fosfatici si erano già affermati, la carenza di azoto per l’agricoltura richiese un notevole sforzo inventivo ed imprenditoriale finalizzato ad utilizzare l’azoto contenuto in quantità pressoché illimitata nell’atmosfera terrestre.

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